la Repubblica
Alzheimer, così il protocollo “Train the brain” aiuta a rallentare la patologia
16 novembre 2022
di Giovanni Anzidei*
Un innovativo progetto è stato realizzato in Assolombarda per la prevenzione dei lavoratori contro l’invecchiamento del cervello, la perdita di memoria e le patologie collegate come le Demenze e l’Alzheimer. È stato applicato dalla Fondazione Igea Onlus il protocollo “Train the brain”, realizzato all’Istituto di Neuroscienze del Cnr da un consortium di circa 40 persone del gruppo della comunità medico-scientifico di Pisa, con il generoso sostegno finanziario della Fondazione Pisa per la Scienza, sotto la guida del neurofisiologo Lamberto Maffei, presidente emerito dell’Accademia dei Lincei. Come ha spiegato lo stesso professor Maffei, «occorre premettere che al momento la demenza Alzheimer non ha nessuna possibilità di cura. Il progetto “Train the brain” che ha dato risultati positivi nell’80%, dei casi riesce a rallentare la patologia e a rimandare la discesa nella malattia grave di almeno un anno e mezzo fino a due anni nella maggioranza dei casi. I soggetti studiati erano MCI, cioè con sintomi che prevedono la caduta nella patologia grave nel 70% dei
casi. I pazienti avevano un’età da 65 a 89 anni. Il progetto “Train the brain” è stato pubblicato in
molteplici e riviste e riassunto su Nature report nel 2017. Il protocollo “Train the brain” non prevede l’impiego di farmaci ma solo stimoli fisiologici opportunamente studiati. Un simile approccio realizzato anche in altri laboratori, risulta valido per mantenere un migliore stato fisiologico di salute sia livello circolatorio che cognitivo anche in soggetti sani. I trattamenti praticati hanno fatto registrare nei pazienti variazioni della funzionalità cerebrale e vascolare, tra cui un aumento dell’afflusso sanguigno nel cervello e una miglior risposta cerebrale a test cognitivi». Il protocollo viene proposto ai cittadini e anche alle imprese dove i colloqui di valutazione dello
stato cognitivo fanno parte delle attività per la tutela della salute dei singoli dipendenti, considerati principalmente individui prima che lavoratori. I test tendono a valutare le risorse soggettive
personali, a monitorare e tutelare nel trascorrere degli anni la “work ability” e a contrastare il declino cognitivo e il conseguente rischio di infortuni sul lavoro. Dopo una certa età i primi sintomi delle malattie neurodegenerative possono essere rilevati dal
medico di base e se passate all’esame di specialistici neurologi e psicologi possono essere diagnosticate e fronteggiate. È anche importante fare colloqui di prevenzione (mini test mentali) che consentono a uno specialista di individuare precocemente le situazioni di rischio. Lo stesso
ministero della Salute valuta che è importante effettuare periodicamente esami di questo tipo dopo i
50 anni. Nei test cognitivi effettuati dalla Fondazione Igea tra i cittadini e anche presso le aziende la risposta
è stata molto positiva, oltre il 90% delle persone e dei lavoratori che hanno partecipato ha mostrato
un elevato gradimento per il protocollo, che consente di conoscere un aspetto nuovo della propria
salute e di rispondere alle domande (o preoccupazioni) del tipo “Come cambiano la mente e la
memoria nel corso degli anni?”, “Qual è la mia condizione oggi?”, “Come posso fronteggiare il cambiamento?”
Il protocollo, trasferito con modalità diverse ma sufficientemente valide nelle aziende, costituisce un’importate azione di Social Responsibility, sia per le persone a rischio e le loro famiglie, sia per Servizio sanitario nazionale, dato che i costi diretti e indiretti di un malato di Alzheimer ammontano
a oltre 100 mila euro l’anno. Diffondere il protocollo significa comunicare la cultura della prevenzione a tutte le persone, anche a quelle malate inconsapevoli perché sottovalutano i sintomi, che hanno bisogno del “Train the brain” ma ancora non lo sanno.
*Founder e vicepresidente della Fondazione Igea Onlus
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