Alzheimer: tre farmaci innovativi allo studio dell’EBRI, l’istituto sul cervello fondato da Rita Levi Montalcini

Roma, ottobre 2019 – L’EBRI (European Brain Research Institute) fondato da Rita Levi Montalcini ha avviato la ricerca su tre candidati farmaci innovativi, in grado di agire su nuovi bersagli della malattia. Lo ha annunciato il Presidente Antonino Cattaneo in un articolo di cui si riportano le parti principali.

Il primo bersaglio innovativo – scrive il Prof. Cattaneo – sono gli oligomeri del peptide ABeta, le forme più tossiche di questo peptide, che vogliamo colpire “alla sorgente”, laddove si formano inizialmente, con “nanobodies”, selettivi anticorpi in miniatura.

Un altro bersaglio è la proteina Tau. Abbiamo sviluppato un anticorpo monoclonale che riconosce solo la versione di Tau modificata dalla patologia dell’Alzheimer, senza interferire con la sua forma fisiologica.

Infine un terzo approccio, in questo caso neuroprotettivo. Stiamo sviluppando una proteina particolarmente innovativa, una variante di NGF, il fattore di crescita nervoso che la nostra Rita Levi Montalcini aveva scoperto negli anni ’50. L’ utilizzo delle proprieta’ neurotrofiche e neuroprotettive del NGF come terapia per le malattie neurodegenerative è stato ostacolato dalla sua naturale proprietà di indurre dolore. Per facilitare l’uso di NGF come farmaco, lo abbiamo modificato, mantenendone le proprietà neuroprotettive ed eliminandone la proprietà di indurre dolore.

L’EBRI contemporaneamente lavora sulla prevenzione della malattia per anticipare la diagnosi con nuovi biomarcatori in fase di validazione.

L’Alzheimer, a oggi, è un problema medico insoluto, con oltre seicentomila pazienti in Italia e oltre quaranta milioni nel mondo. La gravità della malattia e il numero di persone colpite, determina un impatto molto elevato sulle famiglie e sulla società. I farmaci oggi disponibili sono stati sviluppati negli anni ‘90. Dopo di allora il deserto. Infatti, dalla fine degli anni ‘90, tutti i farmaci testati dalle aziende farmaceutiche, basati sulla dominante “ipotesi dell’amiloide”, che punta a colpire il cosiddetto peptide Abeta, sono falliti. E’ di poche settimane fa la notizia dell’interruzione del trial clinico per la sperimentazione di Aducanumab, un anticorpo monoclonale contro l’amiloide sviluppato da Biogen, sul quale si erano concentrate attenzione e speranza.

Negli ultimi vent’anni, ogni altra ipotesi, è stata sostanzialmente ignorata. Le industrie farmaceutiche, con un incredibile conformismo industriale, hanno puntato in modo compatto su una sola via, e hanno perso, altrettanto compatte, la scommessa. È a causa di tali fallimenti che la Ricerca industriale in tema di Alzheimer, come in un gioco dell’oca, è tornata al punto di partenza, con una prospettiva di dieci anni o più prima che un nuovo farmaco possa entrare sul mercato, con l’ostacolo aggiuntivo che l’industria disinveste. Ci troviamo quindi di fronte al paradosso di una malattia i cui casi sono destinati a triplicare nel 2050 e che sta diventando, invece, una malattia negletta, sulla quale l’industria farmaceutica non trova la convenienza a investire.

È quindi necessario pensare a nuovi approcci e la ricerca ritorna in primo piano.

L’EBRI sta giocando un ruolo di assoluto rilievo in questo scenario, portando avanti un programma Alzheimer competitivo, multidisciplinare e integrato, che coinvolge l’impiego e lo sviluppo di tecnologie avanzate.